Chiedersi quale sia il significato di Cose di Francesco De Gregori è una di quelle domande a cui forse è impossibile dare una risposta.
La canzone, come del resto molte altre dello stesso autore (si ricorda a questo proposito la celebre Rimmel, che si apre con “E qualcosa rimane/tra le pagine chiare e le pagine scure”) sembra vederci arrivare nel bel mezzo di una storia di cui non ci è dato sapere cosa sia successo prima e cosa succederà dopo: è una finestra, uno squarcio su una o più vite che abbiamo il tempo di scorgere nel lasso di tempo della canzone, pochi minuti. Dopodiché i protagonisti spariscono di nuovo, inghiottiti nel buio e a noi non resta che immaginare il resto.
Questo pezzo è un elenco, quasi un indice di immagini, di sensazioni, in mezzo alle quali si scorge un cane che bussa ad una porta, qualcuno timido che sbircia da dietro alle tende, una alluvione che lascia il segno sui muri delle case, e poi sensazioni, il tempo che cambia nell’alternarsi delle stagioni e – in mezzo a tutto questo – il cantante e la persona a cui si rivolge elencando tutto ciò che è come un qualcosa che non sappiamo, che non sapremo mai. Un qualcosa che è “come io e te che stiamo a guardare/tutte queste cose… passare.”
Forse è l’amore, forse è la vita stessa, forse è ciò che ciascuno, ascoltando questo pezzo, vuole sentire.
Una curiosità: il pezzo è inserito nell’album Mira Mare 19.4.89, in cui la data corrisponde al giorno della sua pubblicazione.
Il testo di Cose.
È come il giorno che cammina,
come la notte che si avvicina,
come due occhi che stanno a guardare,
dietro una tenda e non si fanno notare.
È come un albero nel deserto,
come un trucco non ancora scoperto,
come una cosa che era meglio non fare,
come il cadavere di una stella, sulla schiuma del mare.
È fulmine, è grandine, è polvere, è siccità,
acqua che rompe l’argine e lascia una riga nera,
al primo piano di una città.
C’è qualcuno che bussa, baby, aspettavi qualcuno?
Hai guardato nel vuoto, baby?
E non ho visto nessuno.
C’è qualcuno che bussa, baby, e muove la coda,
c’è qualcosa che passa in questa stanza vuota.
Come una sagoma sul pavimento,
come sabbia sotto al cemento,
come una magra malattia,
come il passato, in una fotografia.
Come una terra che diventa straniera,
come un mattino che diventa sera,
sera di un giorno di festa e di pioggia, che diventa tempesta.
Come un lungo saluto,
come un sorriso che dura un minuto,
come uno squarcio buttato al futuro,
come un’occhiata, al di là del muro.
È venuto qualcuno, baby, che non era invitato.
È venuto lo stesso, baby, e non si è presentato.
È venuto qualcuno, baby, che non aveva il diritto,
e c’è qualcosa che cambia sotto al nostro soffitto.
È come il giorno che cammina,
anzi è come la notte che si trascina,
come una nuvola sulla coscienza,
come l’apocalisse, in un racconto di fantascienza.
Come dal nocciolo di un’esplosione,
come dal chiuso di una nazione,
come dal coro di una cattedrale
o dalla tana di un animale,
come io e te che stiamo a guardare
tutte queste cose… passare.
C’è qualcuno che bussa, baby, aspettavi qualcuno?
Ho guardato nel vuoto, baby, e non ho visto nessuno.
Troppe volte zero, non vuol dire uno,
e c’è qualcosa che brucia in tutto questo fumo.
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